Messaggi su Twitter, un gruppo su Facebook, scorribande su Plurk : il buzz per il PubCamp si è fatto sentire. 18 giugno, inizio alle 15. Purtroppo sovrapposto a parte del GoogleDevDay. Quindi: mattina chez Google, pomeriggio chez PubCamp.
Due conferenze diversissime.
Google: perfettamente organizzata, speakers tutti spediti a Sydney da Stanford, brochures, tabelle di orari, tempi, scalette, web pages aggiornatissime, schermi giganti, sushi ad ogni angolo, tesserini stampati. Ne ho già parlato.
PubCamp: una non conferenza, nessuna scaletta definita, improvvisazione quasi totale, cartelli scritti a mano. Ma interessante e coinvolgente quanto la prima.
Il PubCamp
Per rendere giustizia al PubCamp bisogna distinguerlo dai BarCamp. Questi ultimi sono, infatti, veri e propri geek-garages e potrebbero anche chiamarsi BeerCamp, volendo (ehi, io ci vado, li adoro e ho conosciuto li' un sacco di amici, quindi viva i BeerCamp).
Ma al PubCamp - e credo sia il "Pub", ovvero l'orientamento pubblicitario, ad avere influenzato l’andazzo - ho finalmente visto scarpe, borse, donne vestite da donna, capelli curati e un po' di trucco. La cosa è alquanto eccezionale, considerata la poca attenzione al vestire che è comune al popolo del web.
Speakers preparati, gente del mestiere, consulenti per aziende internazionali, abituati a girare il mondo e a risolvere problemi.
Ho avuto la sensazione, a volte, che dicessero cose che sapevo.
Altre, che rispondessero a domande che già mi ero posta.
Un universo che conosco
Positivo, dopo una prima analisi, perché i discorsi fatti non erano assolutamente scontati, le soluzioni elaborate, originali, i collegamenti e gli esempi, casi che un anno fa non conoscevo.
Mi sono sentita a casa, ho sentito di sapere bene di cosa si stava parlando. Ho anticipato conclusioni, approfondito discorsi senza stupirmi troppo: si parlava di un mondo che conosco.
Ne conosco le logiche, i meccanismi, le conseguenze e le regole non scritte.
L'importanza dei contatti: tutto è rilevante per qualcuno
Entrando, ho visto un MacBook pro in una skin verde, sul palco. Lo avevo già visto al Barcamp. Ho saputo immediatamente che Stephen Collins avrebbe parlato, un web strategist, information architect and social networking evangelist di Camberra : « Quali sono le connessioni che contano? Tutte, leggere, importanti, saltuarie, sono tutti vasi, piccoli e grandi che ci pongono in perenne contatto con il mondo, che ci danno un feeling di cio' che accade, che ci possono permettere altre connessioni. Ed in fatto di rilevanza : rilevanza per chi? Web-spazzatura? Ce n'è molta. Ma molto di cio' che si trova nel web è rilevante per qualcuno. Il blog mal scritto e poco aggiornato sarebbe forse da eliminare per noi, che lo vediamo da un punto di vista professionale e lo analizziamo secondo canoni aulici. Ma è importante per i dieci o quindici amici della persona che lo scrive e che vogliono sapere come sta. Le aziende devono sfruttare grandi e piccoli canali, le voci del vicinato e il passaparola spontaneo, perché sono queste le cose a cui la gente crede ».
Accessibilità: SEO e un po' di etica
Tim Noonan: Voice Specialist, Professional Speaker, Auditory UI Designer, Accessibility consultant. Inizia il suo speach dicendo: "Non pensate che non vi stia gurdando negli occhi, è che I'm blind". Un Web specialist non vedente, che bazzica il net da 20 anni, da quando la tecnologia gli ha permesso di leggere da solo la propria posta, di intraprendere storie d'amore, di lavorare, essere in contatto continuo col mondo e sentirsi descrivere cio' che non puo' vedere.
"Io ho la fortuna di lavorare nel web, sono un web designer, non grafico, perché non mi considero qualificato per questo genere di mestiere - lol - ma uditivo. Lavoro per banche e servizi telefonici o vocali via web. Mi impegno ogni giorno per renderli più accessibili a tutti, più immediati, semplici, snelli. E poi navigo. Passo tantissimo tempo in rete. Ho un programma, che costa da solo il doppio del mio computer, che mi legge le pagine web. Beh, io posso dirvi quanta confusione ci sia, tra immagini inutili, links in loop e roba simile, purtroppo non posso dare una scorsa con gli occhi, come fate voi, captare che cosa è informazione e che cosa rumore, distinguere e cliccare solo su cio' che mi interessa. Io sono costretto ad ascoltarmi tutto. Solo una volta ascoltato il numero di immagini, il numero di links, il numero di tabs che ci sono in una pagina e tutti i legami di ipertesto, posso dire se mi interessa o no. E quasta esplorazione richiede un sacco di tempo, perché le pagine sono fatte apposta per confondere informazione utile e pubblicità. E' una strategia, ma paga poco e potrebbe essere sfruttata meglio.
Fregatevene per un attimo di quei quattro sfigati ciechi come me che si ammazzano per leggere un sito internet e pensate alla SEO (search engine optimization), cio’ che permette a programmi avanzati di distinguere i siti ben fatti dai siti spazzatura e piazzarli tra i primi risultati di Google.
Beh, quei programmi avanzati funzionano come il mio per leggere i siti. Leggono link e immagini e tags allo stesso modo. Se un sito è ben fatto, ben strutturato, è più accessibile anche per loro ed è premiato nei risultati di ricerca.
Temete che l’ordine sacrifichi la grafica o la pubblicità?
Na. Richiede più tempo, richiede tags precise, descrizioni per le immagini, URL puliti, ma non sacrifica per nulla la grafica, né la pubblicità.
Non ci siamo ancora ma ci arriveremo.
Arriveremo a fare siti accessibili a tutti.
Ed io sto lavorando per questo".
Toccante e interessante. Decisamente il miglior speaker del PubCamp.
Ci pensate che usa Twitter ?
Ci pensate che ha un telefono che gli legge i menu dei ristoranti ?
Ci pensate a quanto la tecnologia può migliorare una vita ?
Questo ve lo chiedo io.
Quello che lui ha chiesto è di riflettere su tutte quelle persone, sperdute in Africa o chissà dove, non vedenti come lui e che questa tecnologia non la hanno. Ed è difficile che la abbiano anche in futuro, perché sono attori di mercato « poco interessanti ».
Pensate alle vite sprecate nell’isolamento e nel buio.
Qualche cosa si può fare. Proviamo ?
Gli altri temi del PubCamp
A dire il vero non si è parlato tantissimo di pubblicità ma di temi ad essa attinenti, c'è stato un dibattito abbastanza acceso su vecchi e nuovi media. Come possono convivere, chi è più forte, quali hanno più volare. Il discorso è aperto. Che cosa ne dite?
Dove funziona meglio la pubblicità? Chi dice la verità? Chi conta di più? A chi si crede?
Blogger e giornalisti: colleghi, antagonisti o due mestieri completamente diversi?
Finita la serie di conferenze, c’è stato un rinfresco. Il mio amico Nic a vinto un iPod e io un sacco di biglietti da visita. Sviluppatori e social networks CEO che chiedono una tab in PeopleBrowsr. Vedremo, chi lo sa ?
Due conferenze diversissime.
Google: perfettamente organizzata, speakers tutti spediti a Sydney da Stanford, brochures, tabelle di orari, tempi, scalette, web pages aggiornatissime, schermi giganti, sushi ad ogni angolo, tesserini stampati. Ne ho già parlato.
PubCamp: una non conferenza, nessuna scaletta definita, improvvisazione quasi totale, cartelli scritti a mano. Ma interessante e coinvolgente quanto la prima.
Il PubCamp
Per rendere giustizia al PubCamp bisogna distinguerlo dai BarCamp. Questi ultimi sono, infatti, veri e propri geek-garages e potrebbero anche chiamarsi BeerCamp, volendo (ehi, io ci vado, li adoro e ho conosciuto li' un sacco di amici, quindi viva i BeerCamp).
Ma al PubCamp - e credo sia il "Pub", ovvero l'orientamento pubblicitario, ad avere influenzato l’andazzo - ho finalmente visto scarpe, borse, donne vestite da donna, capelli curati e un po' di trucco. La cosa è alquanto eccezionale, considerata la poca attenzione al vestire che è comune al popolo del web.
Speakers preparati, gente del mestiere, consulenti per aziende internazionali, abituati a girare il mondo e a risolvere problemi.
Ho avuto la sensazione, a volte, che dicessero cose che sapevo.
Altre, che rispondessero a domande che già mi ero posta.
Un universo che conosco
Positivo, dopo una prima analisi, perché i discorsi fatti non erano assolutamente scontati, le soluzioni elaborate, originali, i collegamenti e gli esempi, casi che un anno fa non conoscevo.
Mi sono sentita a casa, ho sentito di sapere bene di cosa si stava parlando. Ho anticipato conclusioni, approfondito discorsi senza stupirmi troppo: si parlava di un mondo che conosco.
Ne conosco le logiche, i meccanismi, le conseguenze e le regole non scritte.
L'importanza dei contatti: tutto è rilevante per qualcuno
Entrando, ho visto un MacBook pro in una skin verde, sul palco. Lo avevo già visto al Barcamp. Ho saputo immediatamente che Stephen Collins avrebbe parlato, un web strategist, information architect and social networking evangelist di Camberra : « Quali sono le connessioni che contano? Tutte, leggere, importanti, saltuarie, sono tutti vasi, piccoli e grandi che ci pongono in perenne contatto con il mondo, che ci danno un feeling di cio' che accade, che ci possono permettere altre connessioni. Ed in fatto di rilevanza : rilevanza per chi? Web-spazzatura? Ce n'è molta. Ma molto di cio' che si trova nel web è rilevante per qualcuno. Il blog mal scritto e poco aggiornato sarebbe forse da eliminare per noi, che lo vediamo da un punto di vista professionale e lo analizziamo secondo canoni aulici. Ma è importante per i dieci o quindici amici della persona che lo scrive e che vogliono sapere come sta. Le aziende devono sfruttare grandi e piccoli canali, le voci del vicinato e il passaparola spontaneo, perché sono queste le cose a cui la gente crede ».
Accessibilità: SEO e un po' di etica
Tim Noonan: Voice Specialist, Professional Speaker, Auditory UI Designer, Accessibility consultant. Inizia il suo speach dicendo: "Non pensate che non vi stia gurdando negli occhi, è che I'm blind". Un Web specialist non vedente, che bazzica il net da 20 anni, da quando la tecnologia gli ha permesso di leggere da solo la propria posta, di intraprendere storie d'amore, di lavorare, essere in contatto continuo col mondo e sentirsi descrivere cio' che non puo' vedere.
"Io ho la fortuna di lavorare nel web, sono un web designer, non grafico, perché non mi considero qualificato per questo genere di mestiere - lol - ma uditivo. Lavoro per banche e servizi telefonici o vocali via web. Mi impegno ogni giorno per renderli più accessibili a tutti, più immediati, semplici, snelli. E poi navigo. Passo tantissimo tempo in rete. Ho un programma, che costa da solo il doppio del mio computer, che mi legge le pagine web. Beh, io posso dirvi quanta confusione ci sia, tra immagini inutili, links in loop e roba simile, purtroppo non posso dare una scorsa con gli occhi, come fate voi, captare che cosa è informazione e che cosa rumore, distinguere e cliccare solo su cio' che mi interessa. Io sono costretto ad ascoltarmi tutto. Solo una volta ascoltato il numero di immagini, il numero di links, il numero di tabs che ci sono in una pagina e tutti i legami di ipertesto, posso dire se mi interessa o no. E quasta esplorazione richiede un sacco di tempo, perché le pagine sono fatte apposta per confondere informazione utile e pubblicità. E' una strategia, ma paga poco e potrebbe essere sfruttata meglio.
Fregatevene per un attimo di quei quattro sfigati ciechi come me che si ammazzano per leggere un sito internet e pensate alla SEO (search engine optimization), cio’ che permette a programmi avanzati di distinguere i siti ben fatti dai siti spazzatura e piazzarli tra i primi risultati di Google.
Beh, quei programmi avanzati funzionano come il mio per leggere i siti. Leggono link e immagini e tags allo stesso modo. Se un sito è ben fatto, ben strutturato, è più accessibile anche per loro ed è premiato nei risultati di ricerca.
Temete che l’ordine sacrifichi la grafica o la pubblicità?
Na. Richiede più tempo, richiede tags precise, descrizioni per le immagini, URL puliti, ma non sacrifica per nulla la grafica, né la pubblicità.
Non ci siamo ancora ma ci arriveremo.
Arriveremo a fare siti accessibili a tutti.
Ed io sto lavorando per questo".
Toccante e interessante. Decisamente il miglior speaker del PubCamp.
Ci pensate che usa Twitter ?
Ci pensate che ha un telefono che gli legge i menu dei ristoranti ?
Ci pensate a quanto la tecnologia può migliorare una vita ?
Questo ve lo chiedo io.
Quello che lui ha chiesto è di riflettere su tutte quelle persone, sperdute in Africa o chissà dove, non vedenti come lui e che questa tecnologia non la hanno. Ed è difficile che la abbiano anche in futuro, perché sono attori di mercato « poco interessanti ».
Pensate alle vite sprecate nell’isolamento e nel buio.
Qualche cosa si può fare. Proviamo ?
Gli altri temi del PubCamp
A dire il vero non si è parlato tantissimo di pubblicità ma di temi ad essa attinenti, c'è stato un dibattito abbastanza acceso su vecchi e nuovi media. Come possono convivere, chi è più forte, quali hanno più volare. Il discorso è aperto. Che cosa ne dite?
Dove funziona meglio la pubblicità? Chi dice la verità? Chi conta di più? A chi si crede?
Blogger e giornalisti: colleghi, antagonisti o due mestieri completamente diversi?
Finita la serie di conferenze, c’è stato un rinfresco. Il mio amico Nic a vinto un iPod e io un sacco di biglietti da visita. Sviluppatori e social networks CEO che chiedono una tab in PeopleBrowsr. Vedremo, chi lo sa ?
Nessun commento:
Posta un commento